“Io credo che il dolore è il dolore che ci cambierà
Io credo che l’amore è l’amore che ci salverà”
Il dolore ci cambierà… l’amore ci salverà: cosi canta Lucio Dalla contro un nemico invisibile nella canzone Henna.
Nel film A un metro da te il dolore e l’amore raccontano una storia a distanza. Una storia di relazioni che combatte contro un nemico invisibile ma che lascia terribili conseguenze. È una storia d’amore, un amore a distanza di sicurezza, perché se hai la fibrosi cistica non ti puoi neppure sfiorare. Ecco, il film racconta ed insegna a “vivere” senza toccarsi.
Un cast e una produzione 2.0
Il film, tratto dall’omonimo romanzo di Mikki Daughtry e Rachael Lippincott, è prodotto e diretto da Justin Baldoni. Quest’ultimo aveva già trattato precedentemente il tema della fibrosi cistica, con la realizzazione del documentario My Last Days. Per la realizzazione della pellicola, Baldoni ha incontrato la youtuber e attivista Claire Wineland, assumendola come consulente; alla ragazza, malata anch’ella di fibrosi cistica e deceduta prima del completamento della pellicola, è stato in seguito dedicato A un metro da te. Il racconto cinematografico ha come protagonista la storia di Stella, interpretata da Haley Lu Richardson, e William, impersonato da Cole Sprouse, diventato famoso con il fratello gemello Dylan per le serie “Zack e Cody al Grand Hotel” e “Zack e Cody sul ponte di comando”. Nella storia, entrambi i protagonisti sono affetti da fibrosi cistica e sono costretti a rimanere distanti due metri l’uno dall’altra per ridurre il rischio di infezioni. Nonostante le molte difficoltà, il loro legame si stringe, si avvicina sempre di più. Riduce le distanze. Quelle distanza che non si vedono ad occhio nudo ma si percepiscono, si sentono. Insieme decidono di affrontare una terapia sperimentale per continuare a sperare.
Gradevole e strappalacrime per i deboli di cuore!
Probabilmente la trama è a tratti banale soprattutto nel finale, ma i due protagonisti con la loro gioventù e freschezza riescono a sopperire all’inesperienza del regista e alla pochezza in certi punti della sceneggiatura. Ancora una volta più che i mezzi tecnici ci interessa la storia con i cinque passi che separano i due giovani. I due metri e poi il metro di distanza. L’Amore avvicina le persone ma può anche allontanare. Amarsi ed allontanarsi come in un’equazione o come in un viaggio. Conta il risultato o il percorso?
Significato del film
Il film tratta la malattia non come un espediente superficiale, ma ha il merito di descrivere la quotidianità dei giovani pazienti e le piccole strategie di sopravvivenza alla prigionia ospedaliera col giusto spirito e un punto di vista tutto interno ai personaggi, che lascia gli adulti fuori dai confini del loro mondo. Ma forse è anche di un’altra infermità che parla, tra le righe, molto più comune e diffusa: il contatto!
Ci può essere vita senza contatto fisico? La vita virtuale e a distanza quanto può resistere ed esistere?
Il contatto fisico è la prima forma di comunicazione. È sostegno. Cura. Bisogno. Necessità. Importanza. Poi scopriamo o meglio incontriamo alcuni tocchi che ci cambiano. In seguito scopriamo il suo tocco ed anche il SUO. E quando non c’è più diventa ancora di più necessità. Ci sono tocchi che inevitabilmente sono diversi dagli altri. Ci sono tocchi immaginati, sognati, tocchi a distanza, tocchi di speranza e di fede. La vita senza contatto cambia. Deve rispondere ad altre esigenze, desideri e tempi. La vita da chi è affetto da fibrosi cistica ha bisogno di maschere e mascherine per rimanere in vita. In una relazione a un metro di distanza entrano in gioco altri fattori e mezzi. Ad esempio il sarcasmo ti migliora la vita. Le regole ti salvano. La migliore difesa diventa la distanza. C’è senza dubbio un maggiore desiderio di vita. Il film chiarisce che anche a distanza, anche da malati, anche con le mascherine ci sono sentimenti, desideri, sogni, paure, limiti e talenti: nascono così i contatti da kairos, ossia contatti vissuti con qualità, contatti preziosi ed unici. Contatti senza perditempo e mai frivoli. Restare nei pareggi diventa la comfort zone. A un metro di distanza si guarda meglio e più in profondità. Si osservano i particolari. Si amano i particolari. Perfino le ferite diventano perfette. La vita come una caccia a tesoro: ci sono attimi ed indizi di felicità, che devono servire a “costruire” spesso in clandestinità. È dura. Ci vuole senso di responsabilità ma anche di corresponsabilità. I sentimenti corresponsabili sono più forti… sono quelli che rimangono un pochino in più.
Il Finale
Un finale scontato ma che fa riflettere in una vita a distanza
Pensare :”Se funzionasse? Oppure “Se non funzionasse?”
Chi fa una terapia sperimentale e la sua vita è appesa a un filo quale di queste due domande si farà ? Chi ama la vita a prescindere dalla sua condizione di vita o di salute si farebbe senza dubbio la prima: ”Se funzionasse?”. I punti interrogativi e i dubbi sarebbero il triplo. Le precauzioni e i momenti di sconforto il quadruplo. La vita o meglio le giornate sarebbero come un conto alla rovescia. I protagonisti di A un metro da te appaiono come ladri di sentimenti e di tempo. Non vogliono essere rincorsi o farsi fregare dalla malattia anzi voglio giocare d’anticipo e prendere in contropiede il proprio avversario ma anche il proprio compagno. In un contesto di sottile equilibrio scopri che la lista di cose da fare diventa una priorità. Prendi sul serio i tuoi desideri. Prendi sul serio ciò che gli altri non considerano prioritario, come l’anima tua e quella di chi ti sta accanto. L’anima non puoi afferrarla in nessun caso e in nessuna condizione. Però puoi entrarci in contatto con i sentimenti che diventano un’autostrada(la-tua-strada) verso l’anima altrui. L’anima non conosce il tempo e lo spazio. Infine la storia di Stella e William racconta che siamo belli da vivere e non da morire sia a un centimetro sia a un metro di distanza.
Curiosità
- L’accoglienza di coloro che sono a stretto contatto con la fibrosi cistica, o che sono da essa affetti, sono state miste. La Fondazione Fibrosi Cistica ha visto con favore l’opportunità di sensibilizzare gli spettatori riguardo alla lotta che molti pazienti devono compiere ogni giorno contro la malattia; sono però sorte critiche sulla presenza nel film di comportamenti potenzialmente pericolosi dal punto di vista medico.
- È stata inoltre espressa preoccupazione riguardo al fatto che il racconto di una malattia terminale possa essere banalizzato, secondo gli schemi delle commedie romantiche di Hollywood.
- La promozione di A un metro da te è avvenuta mediante Instagram: la casa di produzione ha infatti ingaggiato degli influencer per raccontare storie riguardanti le avversità tra amore e distanza fisica. La campagna promozionale è stata tuttavia ritenuta inappropriata e fuori luogo nei confronti di una malattia mortale: in seguito alle critiche, essa è stata interrotta e la casa produttrice si è pubblicamente scusata.
Trailer Ufficiale