Il sequel del 2018 di Mamma mia! disponibile su Netflix a partire da questo settembre, propone una continuazione delle peripezie della famiglia Sheridan nell’isola di Kalokairi. È una scelta curiosa perchè non esiste un reale proseguimento del musical teatrale e la storia del primo film si era già conclusa.
Ma gli sceneggiatori sono riusciti a scrivere una narrazione valida, Mamma mia! Ci risiamo (Mamma mia! Here we go agai), un ibrido tra prequel e sequel dell’originale, una combinazione sorprendentemente intelligente che nell’insieme risulta riuscita, un film musicale con un bellissimo cast.
Trama Mammia mia! Ci risiamo!
Cinque anni dopo gli eventi di Mamma Mia! le cose sono cambiate: la morte di Donna (Meryl Streep) ha responsabilizzato e spinto la figlia Sophie (Amanda Seyfried) a portare avanti il sogno della madre di trasformare la villa di famiglia in un lussuoso hotel greco.
Il film inizia a pochi giorni dall’inaugurazione della struttura e quasi tutti i protagonisti non sono presenti sull’isola: i tre padri di Sophie non si sa dove si trovino, Sky (Dominic Cooper) è via per lavoro, e le uniche a presentarsi in tempo all’Hotel Bella Donna sono i due membri rimasti delle Dynamos, Tanya e Rosie (Christine Baranski e Julie Walters), cioè la vera anima del film.
Aspettando il gran giorno in Mamma Mia! Ci Risiamo, Sophie ripercorre, attraverso dettagliati flashback, la storia fino a quel momento solo accennata dell’estate del 1979 in cui la madre, una giovane Donna (Lily James), è in attesa di un bambino di uno dei possibili ragazzi con cui ha passato l’estate.
La ricchezza del cast
Il vero piacere del film viene dalla voglia di ascoltare i brani iconici degli Abba incastrati nella narrazione.
Mentre ci muoviamo tra le canzoni del gruppo svedese Hugh Skinner, Josh Dylan e Jeremy Irvine crescono fino a diventare Colin Firth, Stellan Skarsgård e Pierce Brosnan, mentre Jessica Keenan Wynn e Alexa Davies si dimostrano abili nel provare le incarnazioni più giovani del dinamico duo Christine Baranski e Julie Walters. Anche se, ad onor del vero, i momenti nostalgia in cui ritornano i vecchi volti sono forse quelli in cui manca più brio.
La narrazione a flashback
Here We Go Again ritorna nella pittoresca isola greca di Kalokairi, dove appunto la figlia di Donna, Sophie sta tentando di realizzare i sogni della madre di trasformare una vecchia fattoria in un hotel, senza l’aiuto di sua madre o del ragazzo di Sophie, Sky. Mentre l’assenza di quest’ultimo viene spiegata attraverso una telefonata tesa (si trova a New York per lavoro), cosa ne è stato di Donna viene telegrafato visivamente attraverso un pilastro cinematografico che non è mai un buon segno: un enorme ritratto del suo volto. Ed ecco che con in sottofondo una triste canzone si scopre che fine abbia fatto il personaggio interpretato da Meryl Streep.
La madre è andata via per sempre, ma non è stata dimenticata, e il film si divide presto in due trame decisamente incentrate su Donna: Sophie e i suoi preparativi per l’apertura dell’hotel (completi di apparizioni dei molti personaggi dell’opera originale) e flashback della giovane Sheridan che si dirige verso l’isola remota che alla fine diventerà la sua casa.
La Donna di James viene introdotta attraverso una stravaganza di canzoni e balli su vasta scala, ambientata durante la sua laurea al college a Oxford; esilarante l’esibizione di “When I Kissed the Teacher” durante la consegna dei diplomi, dove è affiancata da versioni più giovani di Tanya (Jessica Keenan Wynn) e Rosie (Alexa Davies) di Julie Walters.
Here We Go Again è imperniato su alcuni importanti takeaway di Donna, incluso il fatto che è sempre stata incline a eseguire versioni fantasiose delle canzoni degli ABBA ogni volta che l’occasione lo richiedeva, che è la persona più interessante in ogni situazione e che sua madre è interpretata da Cher (una pop star di fama mondiale troppo impegnata per fare da madre a lei).
Una storia di sano intrattenimento
Prendendo le redini della regia, Ol Parker (che ha realizzato Imagine Me & You e il meno conosciuto Now Is Good) offre un racconto più elegante del primo indimenticabile film.
È un amabile ed energico lungometraggio del grande successo del 2008. Manca anche la sua più grande star, Meryl Streep nei panni di Donna Sheridan, e la sua assenza viene mitigata dall’interpretazione di Lily James, la cui prova di una versione giovane dell’irrefrenabile eroina di Streep sembra finalmente quella che catapulta l’attrice al livello successivo della sua carriera, mantenendo a galla anche lo spirito del vertiginoso musical.
Questo sequel è pieno di eleganti movimenti di macchina, coreografie scattanti e inquadrature specchiate giustapponendo fotogrammi disparati, spaziali e temporali. Accanto a Parker, gli scrittori accreditati includono Richard Curtis, la cui penna risulta ancora brillante.
E così ogni scena si muove anche più volte tra le due timeline, tra presente e 1979, simbolizzando con queste sublimi inquadrature il passaggio tra le due generazioni di Sheridan.
Le canzoni degli Abba al centro del film
Classici come “Mamma Mia”, “I Have a Dream” e “Dancing Queen” ricevono nuova linfa dal cast e dall’energia instancabile del film, mentre altri successi come “One of Us” e “Fernando” sono resi con sequenze di canti e balli molto divertenti; anche se è “Waterloo” a rubargli la scena con un’interpretazione ambientata all’interno di un ristorante francese.
La versione di Donna di James strizza l’occhio alla precedente performance di Streep e le permette di farla sua, affascinante come qualsiasi cosa e abbastanza vivace da tirare avanti i momenti più flosci del film. E la rielaborazione da brivido di My Love, My Life risulta invece molto toccante.
Conclusioni finali
Il primo Mamma Mia era un film dei giorni nostri ostacolato dagli eventi del passato (ricordiamo le difficoltà nel comprendere chi fosse il padre di Sophie) eppure il sequel dà il suo meglio quando drammatizza cosa è successo, quando, come e (soprattutto) con chi.
Certamente la storia non è priva di difetti e la trama non dice qualcosa di nuovo, ma riesce nella sua narrazione senza pretese di storia musicale divertente ed emotiva.
È il rimaneggiamento di una vicenda a cui si è affezionati che funziona e che lascia addosso un senso di malinconica spensieratezza.