Regia di Mario Martone, Qui rido io ha per protagonista Toni Servillo nel ruolo del commediografo napoletano Eduardo Scarpetta. Presentato in concorso alla 78esima mostra di Venezia è stato in gara per il Leone D’Oro.
Trama Qui rido io
Nella Napoli di fine ‘800, il commediografo Eduardo Scarpetta è all’apice del successo teatrale.
Le sue commedie fanno il tutto esaurito ovunque. La maschera del personaggio da lui creato, Felice Sciosciammocca, ha surclassato quella di Pulcinella, ma a queste soddisfazioni artistiche non corrispondono quelle familiari.
Circondato dalla moglie , dalle amanti e da figli legittimi e non da lui iniziati al palcoscenico.
I dissidi in particolare nascono col figlio Vincenzo , in cerca di una proprio autonomia artistica .
Ma il vero colpo per Scarpetta avverrà con la sua decisione di mettere in scena la parodia di un testo di Gabriele D’Annunzio, La figlia di Iorio .
Verrà da quest’ultimo citato in tribunale con l’accusa di plagio, sarà proprio questo che minerà anche il già precario equilibrio familiare.
Martone mette a segno un’altra stupenda opera
Stupenda è l’aggettivo che si avvicina di più, per descrivere quanto sia meravigliosa l’opera girata dal regista Mario Martone.
Con l’apporto della sceneggiatrice , nonché moglie dello stesso regista, Ippolita Di Majo (che in passato ha contribuito alle sceneggiature di film come Il Giovane Favoloso del 2014 e l’adattamento cinematografico della commedia Il Sindaco del Rione Sanità del 2018) riesce a ricostruire il personaggio di Eduardo Scarpetta in tutte le sue sfumature facendo il ritratto di una figura controversa.
Inflessibile e avido come capo comico nei confronti dei suoi attori, altrettanto freddo ed egoista con la propria famiglia ma infinitamente generoso nei confronti di quel pubblico che lui ha veramente amato.
Il regista riesce con quest’opera a ricreare le atmosfere della Napoli della Bellè Epoque in una perfetta fusione di scenografie , costumi e musiche.
Del resto ne aveva dato prova di grande maestria in passato con il film sulla vita di Giacomo Leopardi, Il Giovane Favoloso.
Un cast eccezionale, Toni Servillo impeccabile come sempre
Oramai non ci sarebbe più da soffermarsi sulle qualità attoriali di Toni Servillo, il suo nome è diventato garanzia di talento.
Con le sue capacità mimiche dà forma al personaggio in maniera straordinaria e soprattutto senza mai cadere in una recitazione sopra le righe.
Il resto del cast non gli è da meno.
Una sorpresa sono stati i tre attori che interpretano i fratelli De Filippo
Alessandro Manna(Eduardo), Marzia Onorato(Titina) e Salvatore Battista (Peppino) che hanno saputo dare il giusto pathos alle loro interpretazioni.
Una menzione speciale va all’attrice Cristina Dell’Anna, che interpreta Luisa De Filippo , madre dei tre De Filippo nati dalla sua relazione con Scarpetta .
L’attrice in alcune scene dimostra grandi doti di intensità mimica, facendo scorgere la sofferenza di questa ragazza-madre nel non vedere i propri figli riconosciuti dal padre e segnati dal marchio infamante, soprattutto per l’epoca, di “figli di N.N.”
Scarpetta: l’uomo che non sapeva amare che se stesso e il suo pubblico
Da questo film viene messa in luce la figura di Scarpetta uomo e artista.
Anzi più che l’artista , viene messo in risalto la figura dello Scarpetta padre in una famiglia trattata come fosse una compagnia teatrale anche fuori dal palcoscenico.
Una famiglia tra l’altro al di fuori di qualsiasi canone di normalità, formata dalla moglie Rosa e dai figli Vincenzo ( l’unico figlio “legittimo” e a cui il padre vuole imporre la propria visione artistica), Domenico (avuto in realtà da una relazione extraconiugale della moglie Rosa col Re Vittorio Emanuele II che, dietro compenso egli riconoscerà come suo, ma che tratterà più come segretario che come figlio), dalla nipote di Rosa, Luisa De Filippo dalla cui relazione nasceranno Eduardo (che diverrà drammaturgo di fama internazionale e che stimerà il padre esclusivamente come artista) , Titina (che diverrà celebre attrice spinta anche dal padre) e Peppino (anche lui diverrà attore e autore di successo,) figli mai riconosciuti ufficialmente e dai quali si farà chiamare zio.
Altro membro di questa “famiglia” è Anna De Filippo , anche con questa ha una relazione dalla quale nasceranno Ernesto Murolo ( poeta e drammaturgo riconosciuto dalla Famiglia Murolo), Eduardo e Pasquale.
E infine vi è la figlia Maria, l’unica a cui Scarpetta manifesti del sincero affetto.
Il suo comportamento di padre e di trattare i figli si racchiude nel vecchio motto partenopeo “a chi figli e a chi figliastri”
E lo manifesta in tutti i modi possibili persino nella suddivisione dei piatti durante il pranzo domenicale, le cui porzioni saranno decise in base all’affetto che egli sente nei loro confronti.
Infatti non mancheranno i dissidi con alcuni figli in particolare con Vincenzo , che vuole scrollarsi di dosso la sua figura paterna e cerca di affermarsi in altri campi di intrattenimento.
Col figlio avuto da Luisa , Peppino quest’ultimo sarà quello dei tre De Filippo che avrà sempre un rapporto conflittuale con quella figura che egli ha sempre giudicato tirannica nei suoi confronti.
E infine c’è Ernesto Murolo egli, addirittura, sarà insieme a scrittori come Salvatore Di Giacomo, uno dei più forti detrattori dell’arte di Scarpetta, forse anche per un senso di rancore nei suoi confronti.
Traspare da questo film l’immagine di un’artista generoso col suo pubblico , che sembra sia l’unico di cui gli importi , al quale egli non negherà mai niente e dal quale sente di essere veramente amato.
Ma che sarà proprio da questo via via abbandonato lasciandogli amarezza e vuoto interiore.
Un abbandono dovuto soprattutto alla nascita di nuove forme di intrattenimento come il cinema .
Il regista dipinge tutta la malinconia di questo artista immortalandola in alcune inquadrature che lo fanno sembrare un Napoleone in esilio fermo, riflessivo, a contemplare il mare di Napoli.
Ma se l’uomo ha dato adito a critiche , non lo fu l’artista le cui commedie sono ancora acclamate. Una su tutte Miseria e Nobiltà, è rimasta un caposaldo del teatro comico e che rappresenta tutta la sintesi della grande arte scarpettiana a cui il teatro partenopeo deve molto ancora oggi.