E se potessi parlare con il te stesso di 12 anni quando hai oramai raggiunto la mezza età, cosa faresti? Ce lo siamo chiesto molto spesso ammettiamolo ma mai come venerdì scorso, quando sulla piattaforma della grande N è uscito “The Adam Project”.
Un protagonista assoluto, Ryan Reynolds, che ci accompagna in un viaggio nel tempo emozionante alla riscoperta di sé stesso, con un ruolo eroico-comico tipicamente esilarante e mai noioso, pronto come sempre a distruggere ogni momento di pura azione e suspense.
The Adam project: un viaggio dentro le emozioni
Questo è “The Adam Project”, un action comedy emozionante, in cui la parte action fa solo da background per dare spazio ad un viaggio sentimentale alla riscoperta delle proprie radici e dei propri genitori. Non è un caso se ciò avviene proprio alla soglia dei 50 anni del protagonista, il momento in cui capiamo, spesso a nostre spese, che un abbraccio in più ai nostri genitori avrebbe fatto la differenza. Non saremo mai così fortunati, soprattutto se il tempo non è dalla nostra parte e ci rende consapevoli troppo tardi. Se mai qualcuno potesse avere un’occasione del genere però, Ryan Reynolds interpreta il modo perfetto per afferrarla al volo.
The “Adam project” è un’avventura da alcuni definita risaputa e mai noiosa, che non aggiunge niente di nuovo a quanto già visto nel corso degli anni. Forse non è il capolavoro che ci aspettavamo ma, anche grazie alla partecipazione di attori come Mark Ruffalo (nei panni del padre di Adam) e Jennifer Garner (nei panni della madre), di nuovo insieme dopo “30 anni in un secondo”, questo film riesce a intrattenere spettatori di ogni generazione
The Adam Project: Trama, Easter Eggs, e multiverso
Adam Reed (Ryan Reynolds) a bordo di un jet privato e futuristico, in pieno stile Guardiani della Galassia, parte dal suo tempo, il 2050, per tornare al 2018, impedire un grande tradimento, ritrovare una persona amata, e cambiare così le sorti del suo futuro. Tutto bello si, finché, in pieno stile Ritorno al Futuro, Adam non si accorge di aver sbagliato coordinate temporali, fino a ritrovarsi nel 2022, con un impertinente sé stesso in versione dodicenne (Walker Scobell).
Sin da subito ci addentriamo nei meandri delle citazioni con il piccolo Adam armato di torcia e cane nel bosco come E.T o Stranger Things, degli Easter Egg, e prima di tutto del “multiverso”. Insomma, stiamo guardando Hulk e Deadpool interpretare padre e figlio:
“Il multiverso è un concetto di cui sappiamo spaventosamente poco”
Lo sa bene anche Shawn Levy, che insieme ad atmosfere tipiche di Stranger Things, di cui ha prodotto non a caso sei episodi, inserisce gli Easter Eggs, tanto amati dai cinefili o in questo caso dai “Marvelliani”. Pensate agli adesivi di Deadpool e Hulk nella cassetta degli attrezzi aperta da Ryan Reynolds e Mark Ruffalo: “Grande Giove!”
Quelli più importanti sono forse quelli indirizzati a “Ritorno al futuro”, la saga anni ’80 con Micheal J. Fox e Cristopher Lloyd. Forse il cinema ha imparato ad anticipare lo spettatore o il critico nelle sue recensioni, forse lo fa solo per il gusto di farlo, o forse il regista stesso è un fan di quella saga, ma l’intento di citazioni come queste, è sicuramente quello di reggere l’inevitabile confronto che si insinuerà nella mente dello spettatore. Il momento in cui i due Adam sono davanti al Motel “Pine Ridge” è probabilmente un richiamo alla grande saga anni ’80, a quando Marty torna nel passato e abbatte i pini che hanno dato il nome al “Twin Pines Mall”. Ma le somiglianze sono tante: l’errore di immissione di coordinate nell’incipit del film, la coppia di protagonisti svogliatamente complice in un rapporto di bisogno reciproco che li porterà alla scoperta e riscoperta di sé stessi e il cliché, evitabilissimo, della sopravvivenza al bullo non bullo.
Ma ciò che differenzia “The Adam Project” da “Ritorno al Futuro” scagionandolo completamente da ogni infondata accusa di copia, è l’emotività. Il sentimento, l’emozione e l’affetto ritrovato per sé stessi sono i punti focali di questo film, ciò che permette allo spettatore di emozionarsi in più di un’occasione e di lasciarsi a fragorose risate in molte altre. Un grande viaggio alla scoperta di questi sentimenti per cui un grande merito va anche al piccolo Walker Scobell, attore alle prime armi ma all’altezza di stare al fianco di uno dei più grandi, attestando ai registi americani la capacità, non da tutti, di trovare sempre i bambini giusti per un determinato ruolo.
The Adam Project e Il brand dell’anti-eroe comic
Ryan Reynolds è oramai conosciuto per i suoi ruoli nelle action comedy, soprattutto dopo Deadpool. Fortunatamente, a differenza di molti altri attori, lui non stanca mai. La sua espressione sardonica e sarcastica che distrugge tutti i momenti più intensi di una scena è oramai qualcosa di cui non possiamo fare a meno, un vero e proprio brand, un qualcosa che salva a prescindere una pellicola e che allo stesso tempo fa perdere ogni possibilità a Ryan di essere preso seriamente. Sarebbe bello vedere il nostro Ryan in qualcosa di più “serio” in futuro e scoprire un suo lato sconosciuto, un po’ come con Matthew McConaughey per intenderci, non è vero? Sarà anche per questo motivo che Ryan si è preso una pausa dal lavoro? O è solo per stare insieme alla sua famiglia?
Per concludere, la trama di “The Adam Project” è un po’ scarna in qualche punto, ma Levy si libera bene e velocemente di tutti quei cliché troppo evidenziati (uno tra tanti il super edificio del super cattivo). Tutto si risolve un po’ troppo in fretta e l’attenzione per i dettagli non è il massimo. Ma suvvia, non stiamo guardando Dark o Predestination, se i capelli di Adam giovane sono biondi e quelli di Adam grande castani, e il cane è differente nei salti temporali non ci interessa minimamente, stiamo guardando un viaggio in compagnia di grandi attori, che appassiona i più piccoli con le spade laser ed emoziona quegli adulti che forse non hanno più tempo per recuperare.