Un amore fra transistor e pixel ci ricorda di salvare il pianeta da noi martoriato: “WALL•E”.
WALL•E è un film d’animazione di genere fantascienza, commedia e distopico del 2008 diretto da Andrew Stanton.
Il cast è formato dalle voci di Stefano Crescentini (WALL•E , M-O), Alida Milana (EVE), Enzo Avolio (comandante B. McCrea), Alessandro Rossi (AUTO), Giorgio Favretto (Shelby Forthright), Renato Cecchetto (John), Francesca Guadagno (Mary), Alessandra Cassioli (computer di bordo) e Roberto Vittori (steward).
La pellicola è il 9o lungometraggio d’animazione realizzato da Pixar Animation Studios in coproduzione con Walt Disney Pictures (il regista è lo stesso di Alla ricerca di Nemo per la Pixar).
Alla sua uscita il film, prodotto con un budget di 180 milioni di dollari, ha incassato globalmente una cifra di circa 533 milioni, risultando un successo al botteghino, ottenendo anche il plauso della critica: sul sito Rotten Tomatoes riceve un indice di gradimento del 96% (su 248 recensioni), sulla rivista Empire si posiziona al 373o posto nella classifica dei 500 migliori film della storia.
Fra i riconoscimenti spiccano il Premio Oscar, il Golden Globe ed il Premio BAFTA 2009 “miglior film d’animazione”.
Il film è dedicato a Justin Wright, animatore Pixar morto di infarto negli studi della società il 18 marzo 2008.
TRAMA
Terra, anno 2105. Il livello di inquinamento del pianeta è altissimo, la superficie terrestre è ormai completamente ricoperta di immondizia. La Buy n Large Corporation (BnL), grande azienda commerciale che ha preso in mano il governo del mondo, ha costruito una flotta di navi spaziali, la cui ammiraglia è la Axiom, sulla quale parte dell’umanità si è imbarcata per una crociera di cinque anni allo scopo di sopravvivere, mentre sulla Terra la BnL ha realizzato e messo in opera un esercito di robot chiamati WALL•E (acronimo per Waste Allocation Load Lifter Earth-Class, lett. “Sollevatore di carichi per l’allocazione dei rifiuti • Serie terrestre”) incaricati di fare pulizia, compattando i rifiuti in cubi. Qualcosa purtroppo non va secondo le previsioni: i robot pian piano si disattivano tutti e, nell’anno 2110, la missione di rientro non può avere luogo, visto che il pianeta non è stato ripulito.
Siamo nell’anno 2805, sono passati ormai 700 anni da che l’ultimo robot WALL•E rimasto operativo ha continuato imperterrito la sua opera di spazzino del pianeta, compattando giorno per giorno e stoccando l’immondizia in cubetti ammassati uno sull’altro fino a formare centinaia di enormi grattacieli di rifiuti. La sera, finito il suo lavoro, torna alla sua “casa”, il rimorchio di un autotreno in cui originariamente vivevano tutti i robot suoi simili. Qui custodisce gli oggetti da lui ritenuti interessanti trovati nel corso delle sue operazioni di pulizia. Il robot è particolarmente affascinato da una vecchia videocassetta del film Hello, Dolly: ogni volta che lo rivede WALL•E sogna di trovare, un giorno, una compagna, tenerla per mano, ballare con lei e non essere più solo. È così che durante questi 7 secoli il robot, da freddo automa meccanico senz’anima qual era in origine, ha sviluppato una personalità ‘umana’ capace di provare emozioni. A rompere la secolare routine, un giorno scende al cielo un razzo che deposita sul pianeta un robot molto particolare: ha una forma di uovo ed è di un livello tecnologico molto superiore (sa volare e registrare immagini tramite scanner). WALL•E spera di poter finalmente spezzare la sua infinita solitudine e quando i due robot si incontrano il nuovo arrivato sembra essere di genere femminile e di presenta come EVE (Extraterrestrial Vegetation Evaluator, lett. “Esaminatore di vegetazione extraterrestre”). Sarà questo l’inizio di un’emozionante avventura che ha molto da insegnare a noi umani che continuiamo a martoriare il pianeta.
ANALISI FILM WALL-E
L’azione scorre lenta è si può dividere in due momenti. Per i primi 30 minuti lo spettatore viene condotto nella desolazione silenziosa di un pianeta ridotto ad una discarica completamente priva, in apparenza, di vita organica. Unica traccia di movimento è rappresentata da un simpatico automa che segue la propria direttiva di programmazione. A rendere impressionante la desolazione bastano le sole immagini prive di dialogo (gli stessi robot dicono solo 3 parole), poi l’amarezza del paesaggio viene pian piano sostituita dalla incredibile ‘umanità’ dell’arrugginito ma efficiente spazzino meccanico. Le emozioni suscitate dalle musiche del cinema del passato si riflettono nella realtà sciogliendo i cuori degli ultimi romantici quando sopraggiunge un’insperata compagnia per il solitario protagonista. Nella parte successiva la trama cambia di contesto passando allo spazio aperto. Se la desolazione iniziale era triste, ancora più amara è la rappresentazione dell’umanità sopravvissuta, testimone fittizia ma non tanto inverosimile della futura rovina per noi piccoli umani sedotti ed infine manipolati dalle comodità della tecnologia usata solo per evitare i problemi invece di risolverli. Il sentimento sincero che lega i due robot (memorabile la danza nello spazio che ‘risveglia’ gli umani sull’astronave) si dimostra nella finzione qualcosa degno, se non superiore, alla nostra realtà biologica. Dopo un’iniziale rimprovero a noi stessi, una punta di riscatto emerge nell’ammutinamento finale al potere delle macchine prive di coscienza ed ancora si può, grazie alla magia dei Capolavori Disney & Pixar, ritrovare la fiducia e la speranza in un’umanità che ancora non è del tutto perduta.
‘CUORE’ ROBOTICO
L’automa ai transistor che segue con dedizione ed efficienza il suo programma di origine e che poi impara nella sua solitudine la bellezza dei sentimenti e la sua amica volante ai pixels dimostrano di avere una mente artificiale unita ad un ‘cuore’ superiori a quello degli indegni umani che hanno lasciato il pianeta da loro ridotto alla rovina. Tali personaggi si contrappongono alla figura dell’antagonista che compare alla fine (AUTO), un perfetto esempio, tipicamente distopico, di macchina priva di coscienza che in nome di un programma prestabilito illude, manipola ed infine sottomette gli umani incoscienti.
INSEGNAMENTI DISTOPICI
Quello degli effetti negativi delle potenziali comodità offerte dall’abuso della tecnologia che alla fine rende l’uomo schiavo è un cliché distopico che ha trovato ampia trattazione nelle pagine (Isaac Asimov, Io, robot) e nella celluloide (James Cameron, Terminator) e risulta un tema sempre attuale quanto foriero di verità da ricordare.
Un altro elemento che caratterizza il genere distopico è il contesto di un futuro post-apocalittico come espediente che accentua la forte critica rivolta al presente che tratta in modo superficiale temi di rilevanza mondiale: in questo caso il problema dell’inquinamento che, mai come in questo tempo, a lungo andare soffoca e uccide ogni forma di vita sulla Terra.
I Classici animati di casa Disney & Pixar sono capaci come pochi di regalare divertimento (esilaranti i tentativi di primo approccio di WALL•E con una inizialmente snobbante EVE), emozioni (WALL•E innamorato che si prende cura di EVE disattivata) ed insegnamenti per migliorare o prevenire rovine dovute all’ignoranza che cerca il piacere senza vera utilità (gli umani resi dalle macchine obesi ed incapaci anche solo di camminare).
Durante il lockdown per contrastare il famigerato Covid-19 (quasi è certezza che ne serva un altro e più lungo se non smettiamo di essere incoscienti!) la bellezza della vita da preservare sul pianeta ha dimostrato di poter essere recuperata se noi piccoli e indegni figli di una Madre Natura martoriata proviamo a rinunciare, non per sempre ma almeno per parte della quotidianità, all’abuso della tecnologia che se può dare piacere può anche darci la rovina.
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